Reverse Marketing e Psicologia Inversa
A tutti noi sarà capitato conoscere quella persona che tende a fare l’opposto di quello che le diciamo. Quella persona che per motivarla in qualcosa, non serve incoraggiarla, anzi, dobbiamo dirle “tanto non ci riuscirai”. Ecco, questo vuol dire utilizzare la psicologia inversa.
La psicologia inversa è una tecnica che consiste nel suggerire l'opposto di ciò che si desidera ottenere, con la speranza o scopo che la persona, spinta dal desiderio di ribellarsi o di dimostrare il contrario, faccia proprio ciò che volevamo facesse.
La psicologia inversa viene applicata per ovviare al “problema” della reattanza psicologica. La reattanza è una risposta emotiva che consiste nel rifiutare di accettare di fare e dire qualcosa, se percepita come un’imposizione o comando. In particolare, la persona tende a rifiutare automaticamente ciò che sembra minacciare la sua libertà di scelta o pensiero.
Ti sei mai trovato di fronte ad un pulsante dove c’è esplicitamente scritto “non premere”, eppure in te è scattata l’irrefrenabile voglia di premerlo? ☛ Tipico esempio di reattanza psicologica.
In che modo questo si applica nel reverse marketing?
Nel caso di una pubblicità, se la persona ha l’impressione che tu voglia convincerla per forza ad acquistare un tuo prodotto o servizio, può infastidirsi e rifiutarsi categoricamente di farlo.
Se nel quotidiano, la psicologia inversa fine a sé stessa, può avere uno scopo manipolatorio, nel marketing non è affatto così. Nel reverse marketing, e nel marketing in generale, conoscere il principio di reattanza, consente di prestare più attenzione a come si vendono prodotti, seguendo approcci più sottili e meno “aggressivi”, al fine di evitare fastidio o rifiuto.
Nel reverse marketing, si dà più importanza al cliente e ai valori da trasmettere piuttosto che al prodotto in sé. L’intento è quello di creare un contesto in cui i consumatori, spinti dalla curiosità, vengano attratti naturalmente verso un prodotto o servizio, senza forzature evidenti da parte dell'azienda. Nel farlo può capitare che venga sfruttata la psicologia inversa come una delle componenti della propria strategia.

☛ Ne è un’esempio l’azienda Takis, brand famoso di patatine.
Takis ha scelto di utilizzare, come testo principale per la sua campagna, la frase “Don't Eat Takis” (non mangiare i Takis).
In questo caso, l’azienda ha scelto questa strategia allo scopo di incuriosire e conquistare il pubblico canadese (dove i takis erano sconosciuti), così che pensassero: “aspetta, che strano, perché non dovrei comprarlo”. Cercando perciò di portare le persone a volerne capire di più e a soffermarsi sulla campagna promozionale, grazie ad un approccio controcorrente rispetto alla concorrenza e, quindi, in grado di attirare l’attenzione di un nuovo pubblico.
↪ Poi ci sono alcune aziende che nel fare reverse marketing, si sono trovate involontariamente a fare anche psicologia inversa. Ichnusa e Patagonia ne sono un’esempio. Con le loro campagne, volevano attirare l’attenzione su messaggi importanti di sensibilizzazione, eppure si sono ritrovate “vittime” (si fa per dire) della reattanza psicologica ⬇
Patagonia – “Don’t Buy This Jacket”

Nel 2011, durante il Black Friday, Patagonia ha lanciato una campagna di reverse marketing con un annuncio sul New York Times, invitando esplicitamente i clienti a non comprare la giacca mostrata. L'obiettivo era sensibilizzare sul consumismo e promuovere la riduzione dell'impatto ambientale, incoraggiando a riflettere prima di acquistare.
Nonostante il messaggio, la campagna ha suscitato grande interesse, portando a un aumento del 30% delle vendite della giacca in questione. Questo risultato ha dimostrato il principio di reattanza psicologica. Infatti, seppur l’intento dell’azienda fosse davvero quello di incentivare a non comprare la giacca, per motivi di spreco ambientale; le vendite di quella stessa giacca sono aumentate.
Ovviamente, l’aumento delle vendite è sicuramente anche dipeso dal bellissimo messaggio. Perché il valore aziendale trasmesso attraverso questa campagna ha aumentato la reputazione del brand e quindi incentivato nuovi clienti all’acquisto del loro prodotto.
Ichnusa – “Se deve finire così, non beveteci nemmeno”
L’azienda Ichnusa ha realizzato uno spot nel quale la scena centrale mostra le sue bottiglie abbandonate in luoghi pubblici, come strade, parchi e spiagge; luoghi che dovrebbero essere rispettati e preservati. Il video è un invito a riflettere sulle conseguenze dell'inquinamento e del consumo irresponsabile.
La frase finale dello spot – «se deve finire così, non beveteci nemmeno» – è una dichiarazione forte che capovolge la logica tradizionale della pubblicità. Invece di esaltare il prodotto e spingere al suo acquisto, Ichnusa sceglie di metterlo in secondo piano, invitando i consumatori a non acquistarlo se ciò comporta danneggiare l'ambiente.
Questo, come il precedente, è un tipico esempio di reverse marketing in cui la frase utilizzata non solo rafforza il messaggio di responsabilità ambientale dell'azienda, ma finisce per suscitare inevitabilmente una reazione di reattanza psicologica nel pubblico.